POESIE DI ANTONIO SAGREDO

Pubblichiamo una breve raccolta di poesie di Antonio Sagredo : MDCXIX Tholosae  Combustion del 2007, certi di fare cosa gradita ai nostri lettori.

La poesia  di Sagredo evidenzia la continua sismologia psichica di fronte  all’esame dell’Esistente. Più in specifico, trattasi del percorso di un viaggiatore  che si ferma alle stazioni della vita tra arrivèes et departs. Obliterati i biglietti di un canone linguistico personale e adduttivo, Sagredo ci inoltra nel suo erbario da nichilista, dopo aver scardinato i rapporti con la metafisica. Nel suo solitario egosistema di sopravvivenza non vi sono  passaggi verso altri universi, che sebbene a volte teorizzati, non dominano la scena dopo la protocollata colliquazione della Speranza, anche perché, “il giardino degli Spiriti,” come dice  l’Autore,”ancora non è fiorito”. Alla base di questa poetica vi è un conflittuale discorso sul  Divino e sulla realtà, fino a porre in essere progetti di acuta esternazione. La sua è una forma dinamica  opposta all’imponente mistura che grava sulla vita.Le illuminazioni avvengono  su ciò che si è perduto con l’infanzia e con il mondo dell’innocenza. Da qui l’attrito con l’esistenza verbalizzato da una semantica di racconti a più riprese che  questo autore pone in conflitto con gli elementi universali e quotidiani. L’azione materica della parola si fa risentimento concreto e visionario, approccio minimo e massimo in una dialettica millimetricamente assorbita dalla ratio. E forse sta qui il vero transito della poesia di  Sagredo.

(Mario M. Gabriele)

***********

E così
non immaginavo…
così d’essere una maschera finale
e lo specchio di un principio 
dall’anima… offuscati!
E così
al di là d’ogni ragione sensitiva
amare,
io che sto morendo,
più di me stesso… le leggi naturali!
I segreti meravigliosi del mio anfiteatro
sono gli Spiriti alati della (mia) Conoscenza,
corpo e fuoco della Natura che condona.
Mai la melanconia ha ucciso
la mia mente intellettiva,
ma questo fuoco basso
della violenza irrazionale
divora il mio lucido pensiero.
Sono strumento e luce
del mio stesso speculare…
controllo la ragione
dominata.

Ma questa fiamma sale,
già le unghie sono di carbone!

Come posso dimostrare il fuoco dell’eterea
Immortalità, se altre mortali combustioni
ora tramanderanno il mio pensiero senza fine?
Non sono stato tradito dal Divenire Universale!
Sono stato inquietato dal Divino Naturale!
Mai  ho ammesso una differenza tra essenza ed esistenza,
ho sempre simulato e dissimulato l’atto e la potenza.
Le religioni sono strumenti di poteri e intolleranze:
le guerre sono l’orgoglio del loro fallimento e sussistenza.
Menzogne, spergiuri, umori e cognizioni
io li ho tradotti nelle alte sfere dell’Immaginazione.
Ragioni contro Intelligenze Superiori!
Con le quattro passioni ho inseguito la fantasia,
mutando desideri, piaceri, dolori e timori.
La gioia mi rigenera la mentale restrizione,
distrugge divine realtà e umane tirannie.

Ma questa fiamma sale,
già i malleoli sono di carbone!

Il giardino dei miei Spiriti ancora non è fiorito,
il soffio del calore è ancora tremulo sotto la rugiada,
nel  frutteto io vado a spasso divinando i miei concetti,
nell’orto raccolgo i frutti maturi delle idee in divenire,
le anime sono le semenze del Vento del Sorriso.
La mia ricreazione è più che molteplici piaceri immaginati,
i miei natali sono della stessa Natura Divinata,
segreti meravigliosi e anfiteatri cingono il mio capo,
nelle mie mani ho una penna coerente e biforcuta,
ma sul mio petto brilla una medaglia: Aquila atheorum!

Ma questa fiamma sale,
già la mia tibia è di carbone!

Il sangue già ribolle: è l’empio mio furore libertino!
Gli allori già si formano in corona riverente,                                                       
i mirti s’inchinano ai miei gesti non osceni
e precedono i miei passi, e profumano i miei sguardi…
mi sorridono le cose che io canto con la doppia  voce del Divino.
Il soave favonio rallegra il mio pensiero eversivo:
non mi ha tradito la Natura Universale!
Ho accettato di morire allegramente per la (mia) Verità
e condannato chi nel suo nome s’arricchisce di Poteri.
Il mio respiro è l’angelica musica dell’intelletto.
Io so, adesso, di non essere un rivale per la croce:
la penitenza non fa per me, non mi è necessaria,
io so, adesso, di essere un rosario di misericordie!

Ma questa fiamma sale,
già il mio perone è di carbone!

Nessuna colpa mi tormenta più della mia recisa lingua,
il vino mi ricrea lo spirito della mia parola ammutolita,
ora ho un volto taurino – già il fumo esce dalle froge,
hanno strozzato la mia gola, ma non la mia teologia!
Sono ancora un predicatore dalla duplice dialettica,
cortigiano per sovvertire gerarchie corrotte e giuramenti.
Cospiro con le mie maschere equivoche e innominabili,
la mia ironia è un’arma a doppio taglio per credenti e creduloni,
la mia scrittura il trionfo del finto plagio e della sublime erudizione.
Ho bisogno, come voi, d’imposture, inganni, frodi e provvidenze!
Ho bruciato intere biblioteche per affilare il mio pensiero ambiguo,
distrutto gli statici costumi, sofismi, inganni, istituzioni,
nemico immortale di tutti i poteri politici e religiosi.
Ho amato, prima di me stesso, i filosofi, i poeti e i loro sogni,
ho amato tutta la Natura, ho denunciato il suo inquinamento!
Sto amando questa tortura non voluta più d’un martire cristiano!
Ho giurato sulla mia ostinazione che mi fa morire allegramente!

Ma questa fiamma sale,
già la mia rotula è di carbone!

Mio Dio, anche un ateo può morire di amor proprio!                                                                                                                                                                                                                                                                                 

Mio Dio, sei prigioniero di teologi ateisti!
Tu mi doni un’estasi e l’immortalità per amor tuo
a me che ho amato la Natura in te, e te nella Natura,
e ora vuoi dividere con me questa mia sofferenza – estrema!
Io non posso, né voglio gridare questa mia passione!

NON SONO TUO FIGLIO!
SONO FIGLIO DELLA MIA PAROLA!                                      

Non voglio la tua indulgenza: non spetta a te!
La mia denuncia sovverte fedi e chiese, le loro ossessioni!
sentieri ho percorso, dialettiche sensibili
e coerenti filiazioni ho scoperto, e simulando persuasioni
ho parificato l’uomo agli altri esseri viventi… credimi
per tua gloria e mia non esistono divinità nel reale,
mi sei presente se io lo voglio, se io lo voglio sei assente:
la materia non perdura e non sussiste impunemente.
La mia forma se ne va, sono stato atto, resta la mia potenza!

Ma questa fiamma sale,
già il femore è di carbone!

Mio Dio, un ateo non può morire per amor tuo!
Mio Dio, sei stato creato dalla mia ragione, non  da te stesso!
Non sei motrice intelligenza, la tua immortalità io combatto
con la mia, noi due a nascita e morte siamo soggetti,
sibille e chimere mi circondano! Nego i miracoli, le anime
immortali, nego religioni e fedi: puri strumenti di governi!
Nego le gerarchie, le autorità, l’erudizione che genera fallaci
metafisiche, nego di essere un libertino recidivo e un finto ateo:
ho solo una coscienza pura che tormenta i miei trionfi e i miei fallimenti!
Domino la realtà dinamica del mio intelletto ribelle e innovatore
e di tutti gli universi le essenze prive della tua presenza.
Conosco gli artifici dei tuoi negromanti: mi fanno schifo i loro dèmoni,
i riti, la loro parola blasfema che legifera di peccati e di perdoni!
Il seme mio svanisce… se ne va… svanita la mia discendenza!

Ma questa fiamma sale,
già il bacino è di carbone!

La forma audace del mio intelletto mi ha fatto uomo.
Io so che l’anima è eresia, che la ragione non sarà bruciata!
Ho conosciuto la materia razionale ed eterna, il suo sarcasmo,
e ho percepito le differenti ragioni del bene e del male!
Mi sono liberato infine, e per sempre,  dall’arbitrio e da Dio,
i miei umori, ora, sono sani e controllati, e sto svanendo…
ho combattuto i dottori cristiani che con frivoli
e insulsi argomenti hanno circondata la verità di dubbi
si abbuffano e hanno grasso il sangue e turbolenti gli spiriti,
non temono l’assenza del timor di Dio e sono violenti,
hanno la coscienza ingrassata, la mente offuscata da una fitta
moltitudine di vizi… ho combattuto l’umore melanconico,
felicità e beatitudine mi aspettano, svanisco nella gioia immaginata!

Ma questa fiamma sale,
già le vertebre sono di carbone!

Già respiro meglio: non più gerarchie da distruggere,
non più realtà deformate, non più essenze ed esistenze,
né universali, né ragioni e né sensi su cui speculare,
né più corpi e spiriti sensitivi, né Motrici Intelligenze,
non più segrete meraviglie, anfiteatri, né passioni, né piaceri!
Non voglio sapere più nulla!
Non voglio vedere più nulla!

NON VOGLIO PIÙ VEDERE… l’UOMO!

Mi ristora l’immaginazione!
Mi voglio  ri-creare lo Spirito!
Mi fa schifo la vostra corruzione! Nascondete le vostre
perversioni nei tabernacoli:  festini! miracoli! finzioni! apostasie!
Dai confessionali alle alcove diffondete un Verbo eretico!
Via da me tutti gli umori viscidi, i vizi di questi inquisitori!
E mi presero gli occhi, mi presero… questi carnefici di Dio!
Non conosco il tormento, la pietas, il perdono, la sofferenza!
La  mia mente purifico con la fantasia!
Mi tallona l’immaginazione!
Via, via da me il desiderio, il piacere, il dolore e la paura!

Ma questa fiamma sale,
il torace è già carbone!

Respiro a pieni polmoni. Ho visioni multiple e profumate:
il volto sorridente dei miei pensieri… il viso, di me, bambino!
Mi consola questa mia materia viva che pulsa dal futuro!
Spiriti alati d’ogni tempo mi fanno segni di vittoria…
mi applaudono! Ho bisogno d’una coppa di vino!

COR EXHILARAT, COLLAPSAS VIRES REFICIT!

Ah, i morti, bisogna ristorarli: sono stanchi, esauriti…
Ah, quel soffio, già è vicino! Accorrete, più legna, più legna!
Purifico questo vostro fuoco! Siete ciechi, accecati!

 Ma questa fiamma sale,
già le mani e le braccia sono di carbone!            

Scardanelli, dammi la tua follia… la tua follia bella!
Vedo i colori degli arcobaleni…
vedo il canto degli uccelli e delle acque…
il mio paese natale…
il profumo della mia casa paterna…
il mare che io baciai onda per onda…
i campi – rossi di papaveri…
le carezze materne…
ah, mi scoppia il cervello!

Vedo il mio libero pensiero!
Mondi, Universi, a me!

 Liberatemi da tutti gli dei!

                                               dai loro dèmoni!

                                                                          da queste catene…

                                                                                                         infernali!

 

Le mie lacrime sono esplose:

                                                   grida eterne…

                                                                           immortali!

 

 

Non credo alla risurrezione dei morti!
Non credo all’immortalità dell’anima!

 
Voglio… soltanto… ricreare… la  Natura!
Voglio… la sua… Vittoria!

 
CHE  TEMPI  SONO  QUESTI
IN  CUI  L’UNICA  LUCE
È  UNA  TORCIA  UMANA?    

 antonio  sagredo

 Vermicino, 16 – 31  maggio  2007                 

 ***

Caro Sagredo

In  una stupenda fantasia poetico-filosofica (una denkende Dichtung, come direbbe Heidegger) lei fa rivivere nell’atto della morte la vita tormentata ed il pensiero del filosofo di Taurisano con una tale potenza icastica da lasciare sbalorditi. Mi sono goduto il poema in ogni suo verso, anche perché in esso respira tutta l’anima del mio Bruno quasi alla lettera nel suo panteismo, nel suo naturalismo, nel suo cosmismo, sicché non sono stato colto impreparato. Lo stimolo alla lettura di Vanini, che fuor che nel nome ignoro, è grande e già nei prossimi giorni mi dedicherò alla ricerca della sua opera. La ringrazio per il grande dono che mi ha fatto. Come minimo contraccambio le allego alcuni degli endecasillabi che dedico a Bruno nella mia raccolkta Canti di Pan e ritmi del thiaso: piccola cosa certo, ma testimonianza di una passione indefessa.
Saluti ed ossequi
Giulio Sforza        

****

Giulio Cesare Vanini

         

      

>> da sapere che l’ultima visita che ebbe Giordano Bruno fu dell’amico Sagredo… si scambiarono delle parole… febbraio 1600

>>> I confronti fra Bruno e Vanini sono stati oggetti di studio amatissimi dal filosofo-poeta ateista polacco Andrzej Nowicki – morto nel 1911 all’età di 93 anni – e dallo storico di Taurisano (paese salentino natale in provincia di Lecce), Franceso Raimondi, a cui Antonio Sagredo deve l’amicizia breve ma intensissima col filosofo  polacco; Nowicki fu massimo esperto mondiale della filosofia di Vanini, e grandissimo studioso degli ateisti italiani (nonché anche stranieri); egli fu entusiasticamente colpito dai versi del poema di Sagredo:   MDCXIX – Tolosae Combustum. Aveva il Nowicki scritto “l’ultima notte di Vanini”, e mi scrisse “col Tuo poema abbiamo completato l’Opera”.

Le ultime parole che Vanini pronunciò furono. “ su, andiamo, andiamo a morire allegramente da filosofi”.

Era il febbraio del 1619.

Conforta che menti eccelse come Hegel, Schopnhauer e Hölderlin scrissero su di lui pagine indimenticabili.

Il poeta svevo gli dedicò sublimi versi che sono una condanna eterna verso i suoi carnefici:

Dissero che offendevi Dio. Ti maledissero,
ti compressero il cuore, ti legarono,
ti diedero alle fiamme, te, il Santo.
Perché non sei ritornato dal cielo
avvolto nelle fiamme, per colpirli
i blasfemi, suscitare la tempesta
disperderne le ceneri di barbari
dalla tua terra e dalla tua patria!
Ma la santa Natura, che tu amasti
in vita, e che ti accolse nella morte,
perdona. E i tuoi nemici ritornarono
nella sua antica pace come te.

 

Friedrich Hölderlin, Vanini

         

 

Precedente COMMENTO DI ANTONIO SAGREDO SU UNA POESIA DI KARASEK Successivo POETI MOLISANI: Angelo Ferrante

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.