INEDITO

Entrammo nel Website
digitando climate change.

Le Baby Bull
portavano leggings di pizzo
e orecchini-fiori
nella prima di Starzplay.

Al Cora  Hotel,
Whitney decise di lasciare il fast food
per fare un film psicothriller
dal titolo The Black Moon.

Un gusto grafico portò Marie Watt
a creare magliette tessili
per i Natives di Toronto,
attivando posts
con Write Like Sherman,
Dream Like Billy,
Challenge Like John.

Le voci di wonder women
arrivavano oltre la pandemia
come anime allo sbaraglio.

Edgar Heap manda greetings
con twitter:
“Vivi per questo,
ama quanto hai fatto,
vedi il mondo in grande,
viaggia in un viaggio
e ciò che è”.

Alla fine dell’anno
tornano Kandinsky,
con la Geometria a colori,
e il Bacio di Klimt

Gutierrez ha messo la firma alla Fiber Art
per attivare  Decolonize Feminism
con musica  e film making
tra i ragazzi di TOMBOYS DONT CRY
nella folla di minoranze etniche
sempre alla ricerca di I Like You Now
e What you Say.

La showrunner Tatiana Polanski
ha formato un collettivo
per una Class-Action
contro la Fine o Death.

C’è chi fa scritture di frontiera.
Tarkovskij pensa a una nuova kitchen:
“La terra da sola ingoia sé stessa,
e caccia la testa nel cielo”.

Si direbbe lo stesso pensiero
del crossover Herman,
prima di passare a Taiwan
e dire a Kyoto:
“Come sei bella questa sera”
mentre brucia la città”-.

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2 commenti su “INEDITO

  1. […] siamo passati nel giro di pochi anni dal telefono fisso, quello di casa allo smartphone digitale che tutti abbiamo. È stata una rivoluzione come nessun’altra nella storia dell’homo sapiens, e non ce ne siamo neanche accorti, così si continua a fare quadri figurativi e pubblicare poesia delle ambasce dell’io, si continua a fare romanzi thriller di una banalità da banausici e story telling in quantità.
    Leggere questa composizione di Mario Gabriele di fa capire la distanza che abbiamo percorso senza che neanche ci muovessimo, ormai l’italiano è diventato una lingua secondaria, l’inglese è passato da una penetrazione osmotica e lessicale ad una colonizzazione dell’italiano, ad una lingua intessuta con la stoffa e l’ago degli anglicismi; ma nel cataclisma non c’è nulla di cataclismatico, come nella catastrofe non c’è nulla di catastrofico, è tutto normal, è tutto classic, anche il linguaggio di Mario Gabriele può essere considerato un classico, questo è il linguaggio che parlerebbe oggi il Principe di Salina de Il Gattopardo, un linguaggio fitto di twitter e di frasari sms e di facebook. È che oggi anche il papa s’è dovuto inchinare ai tempi e parlare un linguaggio terrestre abbandonando qualsiasi posa ieratica e chierucume.

    • mariomgabriele il said:

      Grazie di questo commento su Altervista, avendolo letto anche su L’Ombra delle parole. Stiamo facendo , caro Giorgio, una vera rivoluzione con il ricambio dell’estetica. Il fatto più eclatante è che molti poeti, indecisi sul da farsi, stanno operando su questa direzione. Un abbraccio.

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