IN MEMORIA DI UBALDO DE ROBERTIS

Poesie di Ubaldo de Robertis

L’Anfora

Neve in alto
pura
la terra natia
la gola scura
del fiume in basso
la foschia 
continua a salire
il sentiero non è più tanto ripido 
come prima
l’eco di cose lontane si separa sparge
dissolvenze incrociate
immagini destinate a scomparire
Lui… non le stacca gli occhi di dosso
– Com’è cupo il tuo silenzio- le dice chiamandola con molti nomi
“È rotta, – ripete Lei- ahimé! È rotta! L’anfora più bella!
Ne sono sparsi i frammenti qua intorno!”
Giorno
inoltrato    
il limite dell’orrido    
di lato 
più in su … l’altura  da oltrepassare  
più agevole scavare un pertugio
nel ghiaccio
scortati dal richiamo di una cosa calda
desiderio che pervade l’ambito dei sensi
e quello della ragione
senza aderire
a nessuno dei due
calore che non si può attingere neppure in prestito
dall’ambiente
dal niente che li circonda
Lui vuole scavare  
andare all’indietro 
Lei…      andare oltre…
Impossibile sanare la frattura
a partire da quel fondo diviso
dal corso d’acqua
e da quella cima dove più cruda è la realtà
nemmeno scalfita dalle parole dell’uomo
di per sé  vaghe  e vuote
alla donna continuano a cadere di mano
i frammenti raggelati
“È rotta,  ahimé! È rotta!
L’anfora più bella!

 

Qualunque sia

Qualunque sia lo spazio
che la fiaccola rischiara
il pallore schiude la strada alle ombre
ed ecco che gli astri dal corpo sottile
e gli alberi  in fiore
restano inosservati come le donne
che sanno squarciare le nuvole
sfidare  i giorni dell’oscurità
In realtà ti camminano accanto
ma tu non te ne avvedi
non possiedi la luce
[ interiore ]
che intende e traduce    il mondo
a nemmeno riesci a rendere vividi
i ricordi
il nesso che unisce un nome ad una cosa
la traccia di un suono un’immagine  un fatto
e nemmeno riesci a muovere le labbra
recitare un brano
di Poesia
La filosofia di Wittgenstein
dovrebbe insegnarti che il pensiero
è il ritratto logico dei fatti
e la totalità dei pensieri veri
è una raffigurazione del mondo
non le parole ma la vita esprime il significato
o il valore degli atti
atomici
lo stato di cose    gli atti che foggiano
il mondo
che accadono e sanno manifestarsi ma sono
Muti
e allora chiediti
vivendo
cos’è il linguaggio e cos’è  il mondo….

(Poesie scelte da Mario M. Gabriele)

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Letture amArgine: ricordo di Ubaldo De Robertis a un anno dalla morte

Ci sono almeno tre Ubaldo De Robertis, il fisico nucleare, il poeta, il narratore, e sono la stessa persona. C’è un infinitamente grande e un infinitesimalmente piccolo nelle visioni di viaggio e di vita di questo grandissimo misconosciuto della poesia italiana contemporanea. A me la poesia di De Robertis piace molto, la sento vicina e affine al mio modo di sentire. Non sempre c’è bisogno che dentro una poesia “accada qualcosa”, l’unico accadimento vero debbono e possono essere le vibrazioni (termine obsoleto ma efficace) che possono o non possono produrre in chi le ha lette. Io ci trovo splendide vibrazioni, ma anche la concretezza di chi nella poesia trova rifugio. Per questo non intendo dilungarmi oltre, ma desidero sia la penna di Ubaldo a parlare per me.

Flavio Almerighi

da Diomedee Edizioni Joker 2008
Io che ho spiegato..le vele tutte

Io che ho spiegato le vele tutte finché la riva scompare,
esplorato ogni terra invisibile, ogni visibile mondo,
sfidato correnti, mostri marini, e gli uccelli indomabili della tempesta,
per tornare, di nuovo, come il vento, ogni volta, a mio piacimento,
dove posso scovare strumenti di analisi per sondare il mondo che è in me,
e che non conosco, trovare un’unità, un ordine nel pensiero, una linea di neutralità,
idee che siano chiare e concrete come le pietre delle strade,
non come le impervie, intricate vie che portano a me.
Come posso trovare un’identità, energie connettive
se ciò che d’incoerente si agita dentro, vive le mie stesse, indistinte, emozioni.
Come posso comporre le dissonanze interne, le diffidenze, le contrapposizioni,
le opposte sensazioni, i dissidi, i molteplici istinti.
In certe anime che s’agitano dentro sta il segno che naufragare è il mio destino,
diffido del loro modo d’agire, paure dentro paure più fonde, tentazioni continue, di tradire.

Fuori di me una realtà esiste, assoluta, illuminata da un calore unico,
una corrispondenza compiuta tra forme e sensazioni,
una mobilità tanto varia regolata da immutabili leggi cosmiche.
Dinanzi ad un più vasto divenire, fuori di me, fuori dagli affanni inconsci,
tento di sopravvivere ai tormenti, agli indicibili e improvvisi morsi della crisi.

*

da: Sovra il Senso del Vuoto, Nuovastampa, 2009
Credevo fosse…

Credevo fosse un fiore
tutta luce, colore
e la incontro al giardino d’autunno
quando è il vento a trascinare le foglie
e la nebbia ad offuscare il fumo delle stufe.

E’ sera.
Tra gli alberi barcollano ombre indecifrabili,
intabarrata la sua figura velata.

Passarle accanto, trasalire,
risalire insieme il viale, per un attimo,
e la mura sulla strada ferrata.
separarsi un istante prima
del passaggio del treno
fingendo d’aver condiviso
un lungo tratto.

Tutto è andato, tutto s’è avverato
secondo la profezia.

E la vedrai avvolta nel maturo velo
d’autunno,
udrai il suo respiro, i suoi passi,
ma nessuna confluenza,
niente riempirà il vuoto.
Dovrai lacerarti perché non potrai
toccare il cielo.

*

da: Se la Luna fosse…. un Aquilone Limina Mentis Editore, 2012
Per balzare col cuore in tumulto

(a Gesualdo Bufalino)

Per balzare col cuore in tumulto
talvolta non basta
un fischio addolcito di treno
appendere i nostri fantasmi
e tutto il bottino di nuvole
all’uscio la notte di Halloween
dar vita a pon pon di accesi colori
annodare in serti di fronde
diademi di fiori e a Sera
ammiccare alla Luna

A volte ci tocca varcare
la cruna dell’ago

*

da: Sovra il Senso del Vuoto, Nuovastampa, 2009
Da lontano

Da lontano
molto da lontano immensamente verde l’infanzia
rovesciata sull’erba a rubare immagini
visto che nessuno si prende cura di te

frutto che cade frettoloso prima d’essere colto

cortili bisacce unte
arrotini affila coltelli temperini
grembi di donne occhi marroni
fazzoletti bianchi
impastate di terra da capo a piedi
panieri brocche di terracotta
vino asprigno che trabocca

Quasi a sfiorare l’azzurro
alberi altissimi ombre lunghe
ombre molto più grandi di te
treni settecarrozze attraversano la pianura
piccoli mondi di storie silenziose

No. Non voglio che la clessidra sii vuoti
Non voglio rientrare in quei mondi
Ma neppure che mi escano dalla mente
Mi basta un solo attimo per ritornare
Per restare in vettura
All’inizio aria pura
Tutto era connesso e… verde
Misteriosamente…immensamente verde

*

da: Parti del Discorso (poetico) del Bucchia Editore, 2014
Commiato

Mettermi in viaggio
finché sarò vecchio (di affanni)
verso il confine
che lo sguardo prolunga
all’infinito,
per scovare sentieri,
virtuosi pensieri,
l’invito a ritrovare
me stesso.
Poi,…stanco,
il paltò consumato,
tornare sui gradini
della vecchia casa
e sedermi consolato.
Accogliere
l’indifferenza dei vicini
come fosse
un nuovo addio.
*

(Poesie selezionate da Flavio Almerighi)

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