Letteratura e Psicoestetica in Carlo Di Lieto

Chi credeva che lo strutturalismo definito da Jakobson: “la pietra angolare della teoria linguistica contemporanea”, sarebbe rimasto ancorato nel suo fortino, e in quello più complesso della glossematica di Hjelmslev, non avrebbe immaginato che altre discipline teoretiche si sarebbero sviluppate allargando il campo della conoscenza nella psicoanalisi nata nel 1896, ma che si formalizza in autentica disciplina solo nel 1902, quando Freud, sulla scorta delle sue esperienze con Jean-Martin Charcot, costituirà un team di collaboratori, dando delle precise regole, con l’intento di formare una propria associazione scientifica, attiva non solo sul fronte terapeutico, ma anche sui processi mentali, sebbene Schopenhauer fosse stato tra i primi filosofi a intuire l’esistenza di una volontà inconscia in ciascuno di noi. Ed è proprio con la psicoanalisi che si apre un nuovo capitolo metodologico, passando per l’interpretazione dei sogni, fino ai comportamenti sociali, e al rapporto con  la letteratura. Vengono così individuate e rimosse le gabbie psichiche, liberando l’uomo dal disagio della realtà, anche se Nietzsche in La Gaia Scienza af. 354, aveva definito la coscienza :“la voce del gregge dentro di noi”.

Freud considera l’arte circoscritta alle trazioni psichiche degli artisti, non tralasciando l’interesse per l’inconscio, che diventa la parte meno rivelatrice dell’individuo mentre la verità, trasposta nei sogni e nei ricordi, si propone con linguaggio a sé. Sul binomio letteratura-psicoanalisi si immette Carlo Di Lieto con Psicoestetica, – il piacere dell’analisi – Genesi editrice, 2012: un volume nel quale si trovano le coordinate di un discorso storico-critico sull’evoluzione della psicoanalisi riconducibile ai saggi di Freud: l’Interpretazione dei sogni  (1900), il Mosè di Michelangelo (1913), e Il poeta e la fantasia (1907), che globalizzano l’iter teoretico intorno a questa disciplina volta a indagare sulle reti mentali, riconvertite in letteratura come proiezione dell’inconscio. L’opera si proietta su ogni aspetto “occulto” del linguaggio, a cominciare dalle analisi critiche su Carducci e Leopardi, coinvolgendo i poeti dell’area campana e altri scrittori di diversa provenienza e generazione, trattati in appendice al volume, nel breve saggio dal titolo: Ricognizioni di esegesi psicoanalitica, retrospettiva  (1974-2004).

L’impianto testuale si sintonizza con l’esposizione critica nella quale la verificazione è organicamente collegata all’IO pulsionale. Sulla funzione della psicoanalisi applicata alle opere letterarie, l’autore stesso avverte nella Presentazione che “anche se la ricerca di indirizzo psicoanalitico non è riuscita, talvolta, a fornire contributi di rilievo per un’impossibilità di ordine strutturale, è perché tende ad appiattire le sue “costanti” in una sorta di “metafisica” dell’inconscio, dimenticando le sue origini naturalistiche, di chiara marca materialistica”. A tutto questo si aggiunga anche il rilievo che fece Freud sui poeti considerati” alleati preziosi e la loro testimonianza deve essere presa con attenta considerazione, giacché essi sono, in genere, una quantità di cose tra cielo e terra che il nostro sapere accademico neppure sospetta”. Dal sottosuolo biopsichico emergono il ricordo e il sogno, trasposti all’esterno per mezzo della scrittura, portatrice di processi psichici e di duplice soggettività dell’IO e dell’inconscio. Si rimuovono così le sedimentazioni del significante e del significato,  nonché le facce della verità nascoste nella metafora e nella metonimia: figure altamente emblematiche, ma di grande incidenza nella struttura linguistica, affrontata in altra sede, da Melanie Klein (1882-1960), che preleva la matrice luttuosa nella rimemorazione di persone e cose perdute per sempre, e da Charles Mauron (1899-1966) il quale si fa interprete dell’inconscio dei poeti attraverso le loro opere.

L’agglomerato critico riportato dal Di Lieto, consente di spaziare sulla creatività artistica e sul rapporto letteratura-psicoanalisi, approdando alle rive  dell’anima e del diagramma psichico degli autori, nel tentativo, tra l’altro riuscito, di indicare la via dei processi mentali, portandoli su un piano di facile fruizione. Si è già detto, in altri Repertori, che Napoli è stato il centro propulsore di pensieri poetanti che, seppure accolti minimamente ne La parola plurale dell’Editore Sossella, come in altre antologie nazionali e regionali, con una eccezione fatta da Giuseppe Zagarrio, con Febbre, furore e fiele, non ne giustificano la storica assenza ed emarginazione. Dall’ampio repertorio antologico e critico di Di Lieto  riportato in – La bella afasia- Cinquant’anni di poesia e scrittura in Campania (1950-2010)-un’indagine psicoanalitica, Genesi Editrice 2011, risultano presenti poeti che, per cultura e sensibilità diverse, si sono quasi sempre posti all’attenzione della critica in un arco di tempo abbastanza sufficiente e compensativo di eventuali omissioni, non sempre eliminabili. Il che ci rassicura che l’operazione antologica e critica portata a termine da Carlo Di Lieto, si presenti come aggiornamento e integrazione delle precedenti antologie, che hanno segnato e segnano tuttora un percorso di non facile transizione, tenuto presente il difficile compito della evoluzione linguistica, lo stile e la riconversione dello sperimentalismo nella tradizione e viceversa. Ciò è stato fedelmente documentato nel passato da importanti Riviste come Altri Termini di Franco Cavallo, Documento_Sud, E/mana/zione di Stelio Maria Martini, Riscontri di Mario Gabriele Giordano e Secondo Tempo di Alessandro Carandente. L’opera di Di Lieto, può senz’altro ascriversi in quel fenomeno tutto novecentesco riguardante la periodizzazione delle antologie, che nel nostro caso ha un duplice aspetto di carattere filologico ed ermeneutico.

In “La bella afasia” e in “Psicoestetica” l’autore, attraverso un carotaggio critico, scava nelle pulsioni dell’IO, per una visione più concreta e sincrona del linguaggio. In questo caso l’assunto filosofico-teoretico di Freud intorno all’arte e alla psiche, appare in tutta la sua eterogeneità. Le interpretazioni estetiche trovano il loro ambiente naturale nella ricerca dell’inconscio correlato alla letteratura, attraverso la quale Freud ha cercato di rivelare ciò che rimane di misterioso nell’uomo, con l’interpretazione psichica dell’IO  sfociante in un perfetto equilibrio ontologico. Nel sistema psicoanalitico non mancano temi contrastanti e conflittuali, provenienti dalla natura stessa dell’individuo, con una doppia oggettività, come possono essere ad esempio, le nevrosi e il disagio della civiltà. Tutta la critica psicoanalitica di Di Lieto, tiene conto di queste correlazioni, affrontando anche le forme psicoemotive e psicoespressive dei testi presi a riferimento, che non possono far parte dell’effimero, per la qual cosa sorge anche il collegamento con Derrida, il quale ha cercato la verità attraverso la scrittura permanente, l’unico mezzo che oggi abbiamo per non rimanere “invisibili”, o soggiogati da tutto ciò che è dissolvenza della memoria e della nostra storia. Anche in questo modo, Carlo Di Lieto riconosce nell’inconscio le diverse scale psichiche per risalire in alto verso il disvelamento. Ed è ciò che ha compiuto l’autore di “La bella afasia” e di “Psicoestetica”, con forte disposizione critica e disciplina psicoanalitica, superando la frammentarietà della ricerca in un unico  assemblaggio estetico.

Mario M. Gabriele       

 

 

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