INEDITO DA REGISTRO DI BORDO

1

Questa mattina c’è un nuovo acquedotto
per le giornate africane.

La città ha rinnovato gli asili nido, la mediateca,
i servizi pubblici e i fabbricati residenziali.

L’inventario dei libri è stato  estenuante.
La luna ha messo un punto fermo nel cielo.

Solo ora, e senza pensare al domani,
abbiamo seguito le parole dello sciamano.

Fino alla quarantaduesima via
abbiamo pregato il falco pellegrino di tornare sui ballatoi.

Hellen, ora mi capisci?
A Pocahontas come a Buckenwald
splende il buio di luce intensa.

2

-Cosa vuole che le porti, Signore, un hamburger?
o il remake di tutta la vita?-.

Alla punta dell’amo  Carlino mise un’iguana.
Esco per strada. Mi fermo a guardare le ragazze al bar.

Settimane di repliche del Padrino al cinema Monroe
pensando  al Museo di Barcellona e alla Famiglia Soler.

Le finestre hanno buchi sulle serrande
per ascoltare gli avvoltoi.

Daddy da anni non viene nei sogni.
Il girasole punta a Ovest e dimentica il mio giardino.

Ti preparo la cena del supermercato,
così non ti lamenti della lombosciatalgia.

Provo a rileggere Visions of  Neal
ma vengono in mente la carità umana e la mensa dei poveri.

Il giorno più lungo è stato quello di San Fedele.
Bel paese quello in cui il giorno dura sei mesi.

3

Apro a caso Live my story.
Sembra un autobus che mi lascia ad ogni fermata della city.

Lavoro sui giorni a venire.
Con Naomi ho stretto una nuova amicizia.

Sarà pure inverno ma il pupazzo di neve
sorride alle stelle di dicembre.

Timothy Boy ha trovato posto negli scaffali
a Springtime Mary e a Wake Up.

Eravamo tutti d’accordo di andare a Banja Luka.
ma il cielo ha cambiato colore.

L’ultima strofa l’ha distrutta la Samsung
senza badare alle anafore e alle metafore.

Il cielo ha aperto la mente
ai suonatori di bangio e hukulele.

Finirò la giornata senza dire nulla alle rondini,
così il vento e le formiche saranno lieti
di aver mantenuto un segreto.

Benedetti siano Giuditta Mastronardi,
governante dei Conti Mineo,
Bloody Monckey
che ha attraversato ponti e green countries,
e Charlotte nell’enigma di un giorno inutile.

Dimmi solo se a Boston ci sarai,
se si accendono le luci a Newbury Street.
Era triste Bobby quando lesse il Day By Day.
Oh il tuo cadeau, Patsy, nel giorno di Natale!

Ultimi riscontri critici:

Helene Paraskeva su Altervista:

Mi piace. Fila liscio, quasi una frammentarietà spontanea.

Mark Bedin:

La reputo, senza vergogna, il poeta più eccitante post Montale e Amelia Rosselli.

Mirka Bonomi:

Stupendo diario di bordo. Così profondamente reale da diventare straordinaria poesia.

Giorgio Linguaglossa, commenti pubblicati su “La presenza di Erato”:

1) «Già ora, nella società dei consumi, il rinnovamento continuo (degli abiti, degli utensili, degli edifici) è fisiologicamente richiesto per la pura e semplice sopravvivenza del sistema; la novità non ha nulla di “rivoluzionario” e sconvolgente, è ciò che permette che le cose vadano avanti nello stesso modo. C’è una specie di “immobilità” di fondo nel mondo tecnico, che gli scrittori di fantascienza hanno spesso rappresentato come la riduzione di ogni esperienza della realtà a una esperienza di immagini (nessuno incontra davvero nessuno, vede tutto sui monitor televisivi che comanda stando seduto nella sua stanza)».

2) “La tua poesia è la più tipica espressione di quanto andava dicendo Vattimo nel 1985, la tua poesia di immagini è, paradossalmente, la più attuale forma di poesia che si fa oggi in Italia, segna la punta più avanzata di consapevolezza delle questioni estetiche del nostro tempo. Ricordi che una volta ti ho chiesto come, in che modo scrivevi tu le tue poesie? – Mi hai risposto e avrei potuto giurare che mi avresti dato la risposta che poi mi hai dato. Alla tua attuale forma di poesia non ci sei arrivato per caso, io che ho letto le tue poesie di esordio del 1972 (Arsura), ho potuto constatare che scrivevi sì in bello stile ma non eri ancora il poeta maturo di oggi, degli ultimi cinque libri, quindi ci hai impiegato 50 anni per raggiungere il risultato attuale. 50 anni che hanno segnato la stasi della poesia italiana dagli anni settanta ad oggi, fino alla nuova ontologia estetica che abbiamo messo in campo in questi ultimi due tre anni.

È incredibile tutto questo ritardo, ma nelle arti la stasi accade di continuo, e alla stasi se ne esce solo con una ripresa, con un nuovo inizio…”

1] G. Vattimo, La fine della modernità, Garzanti, 1985, p. 15

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