INEDITO DA “REGISTRO DI BORDO” DI MARIO M. GABRIELE

Il cartello apriva il concerto su Cajkovskij.

Tre signore in prima fila leggevano il carnet
della  Sinfonieorchester Wuppertal.

Sul divano, a un passo dalla tortura a pendolo,
un croupier estraeva a sorte il condannato a morte.

Una discussione fra le quinte non portò a nessuna pace.
Ognuno parlava secondo la propria immagine.

All’uscita dal Forum riconoscemmo
il vecchio Jèròme a corto di orizzonti.

Oh Jèrome,  Piqueras è di un passo
davanti a te nel giardino dei fiori!

Salimmo sulla vetta più alta
a fermare il braccio di Adamo.

Ci si avvia al giorno delle mutazioni.
Il tulipano sa come accogliere la quiete di maggio.

-E’ veramente bello stare qui-
disse la donna venuta da Damasco

Dieci germogli e un frutto di bosco
stavano al centro della tavola.

Milly bussò alla porta.
-Nonno Burges sta male-,disse.

Ogni anno Hendrius va a recuperare
le scarpine dei morti lungo la Senna.

Vestimmo Nonno Burges con abito grigio
e camicia Clay, lasciandogli tra le mani il Vangelo.

Siamo proprio in ritardo.
Nessuno capirà la nostra assenza.

Credi proprio alla via del ritorno?
E che viaggio è ? Chi l’ha detto, Padre Ray?

-Creiamo una start-up di sola cannabis-,
disse Marceline dimenticando il paese di ciechi e storpi-.

Fra pochi mesi sarà Natale.
Caro Jenin vieni a trovarci.

Oggi le nostre anime sono così leggere
da sembrare condors nel cielo di dicembre.

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5 commenti su “INEDITO DA “REGISTRO DI BORDO” DI MARIO M. GABRIELE

  1. C’è nella poesia di Mario Gabriele un algoritmo che trasforma il linguaggio in metalinguaggio, ogni frase in fraseologie, didascalie, PostScript. C’è in questa sorta di metalinguaggio metallico una nostalgia come a monte che funziona da motore immobile della fantasmagoria delle espressioni linguistiche dei personaggi, delle phonè e dei lampi. Ogni cosa finisce con il punto e ricomincia subito dopo, tramite la severità del distico e agisce come una specie di azzeramento del linguaggio che fa della ripetizione e della peritropè le categorie fondamentali della processione linguistica; sarebbe inutile, penso, oltre che sussiegoso cercare in queste poesie un senso, il senso è diventato un’algebra che il lettore deve inseguire per poi lasciarla cadere nel dimenticatoio, queste poesie non sono fatte per la memoria ma per essere dimenticate, non sono adatte alla comunicazione di contenuti veritativi o di aloni spirituali, in quanto sono modalità linguistiche che esauriscono il loro compito appena trasformate in phonè, non è quasi più una voce che parla ma un alitare, uno stormire di fronde significanti, una sorta di linguaggio dei boschi, uno stormire di foglie che assecondano il vento della non-significazione. In questo linguaggio c’è il vuoto e il nulla, ci puoi camminare in lungo e in largo con il metaldetector che lo senti fischiare. Verrebbe da porsi la domanda di Lacan: «Di quale bottiglia è il cavatappi? Di quale risposta è il significante, chiave universale? – Verrebbe di rispondere a Lacan che qui non c’è nessuna «chiave universale», nient’altro che un algoritmo che regola i processi della phoné, un epicentro dal quale si dirama un terremoto di sillabe e fonemi sganciati dalla madre terra della significazione, fonemi e monemi liberati e alienati…

    1] J. Lacan, Scritti vol. II a cura di Giacomo Contri, Einaudi, 1974, p. 818

    • mariomgabriele il said:

      Grazie, Giorgio di questa chiave di lettura dei miei versi nel rapporto algoritmo e metalinguaggio.Ogni cosa, tu dici, finisce con il punto e ricomincia subito dopo tramite la severità del distico. E’ qui che opero con molta fantasia e realtà, immaginazione e fiction, con lampi di storia privata e universale. che riguardano tutti noi nel momento della nostra dispersione.

  2. All’inizio una lunga metafora, la percezione fuggitiva di eventi, come a teatro la vita messa in scena. Poi siamo fuori dalla rappresentazione. Imbrunisce. Anche la conversazione, che potrebbe sfumare. Ma resta il tempo per un avvertimento.
    Mario Gabriele ha definitivamente abbandonato la poesia lirica, che pare essere il vero scoglio insormontabile della tradizione italiana; se ne coglie l’eco, ma, diciamo così, Gabriele la ribalta come un guanto.
    Si coglie anche la Sua vena malinconica; questo lo dico perché il “ragazzo” ama burlarsi di tutto e potrebbe trarre in inganno… Il tono, poi, è confidenziale: ci mette sempre una parola buona. Senza elegia, senza sentimentalismo, e senza “io”. Eppure è poesia che si fa amare. Non così fredda come qualcuno potrebbe pensare, della nuova ontologia estetica. Qui tutto è nuovo ma, allo stesso tempo, si avverte che qualcosa di antico si sta muovendo. Il viaggio si era solo interrotto; per qualche guasto, suppongo, nella critica o negli autori. Ad ogni modo, complimenti vivissimi, caro Mario: sei per me un indispensabile punto di riferimento. (sopporta ti prego la responsabilità)

  3. Giorgio Linguaglossa coglie in un aggettivo una particolarità del distico, quella che mi è consona, quando scrive della “severità del distico”. Perfetto, così inteso il distico E’ severo. Poche le indulgenze, forse quelle dovute a necessità stilistica.
    Lo stile: non è tutto ma, anche in poesia non se ne può fare a meno. Penso che lo si possa acquisire ma è anche segno, per me, che c’è talento. Oh be’, si parla in generale, Gabriele è poeta di lungo corso…

  4. mariomgabriele il said:

    caro Lucio, devo confessarti che da tempo cercavo un allineamento con la mia poesia, da parte di un sound come quello di Leonardo Cohen con Dance me to the End of love, che interpreta molto bene i tratti dell nostra vita con le immagini che si susseguono nel video. Forse sono riuscite meglio queste ultime in quanto vanno al centro del cuore, mentre la mia poesia se ne allontana, ma non per questo si autoesclude dalla infiltrazione temporale dei dati esistenziali, ognuno con propri codici dichiarativi. Riconosco che faccio poesia un po’ estranea dal comune commercio, ma se questo rientra nel mio DNA e della NOE non posso che uniformarmi a questo momento espressivo. Grazie a te e di tutto quello che fai e illustri con la mente e i colori.

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