Il tragitto fu di breve durata.
Non furono i Dichtung
ma le pagine 233-238,
in particolare le pp. 236-237
a cambiare la vista del mondo.
Ciò che Orwell disse, fece rabbrividire mente e pelle
tra assenso e negazione.
Mister Gab,
la Pojetika vorrebbe averla tra gli ospiti
al Convegno sulle frantumazioni dell’anima
nei distici.
Ciò che è detto è detto, si sentì dire come risposta.
Ogni ermeneutica sul verso
è una mobilitazione delle raffigurazioni
e dei momenti.
La prima questione fu di Clark
abbandonando le mani di Charlotte
per una autodifesa del Nulla.
Anche in queste cose
ogni discorso diventa un percorso.
Bisognerà chiedersi se la museruola lasciata al bulldog
rientri nel silenzio dell’Essere.
Le rispondo Signore, ora che ho finito il Master
e posso discutere di Friedler
e della categoria di – visibilità pura-.
E’questione di coscienza,
e di come abbiamo trasmesso la nostra ontologia.
Quel Dichtung di cui parlava
ha bisogno di un mondo reale e tattile,
come le bucce di banane alla Conad.
E’ questo il punto ontogenetico
che ha fatto dire a Sibill:
Oh Paris, le Belles Lettres
allungano i quesiti, li denudano della loro origine
fino a morire nella Senna.
Straordinaria poesia, che all’improvviso appare in un mare di insignificanza poetica e di espressioni formali assurde.
Non un cambio soft, è piuttosto un acuto. Anche nella forma “intervista”, estranea alla tradizione, il poeta di talento lascia sempre e comunque il segno. Il distico è alle spalle (come aver vinto la Champions, che ancora non lo sa nessuno). La vita di ciascuno è tutto sommato breve, si lascia un segno là davanti, in quel nulla di cui tutti soltanto parlano. Mando un abbraccio.
caro Mario,
penso che la tua pop-poesia possa essere letta da chiunque eserciti una professione utile ma non da un impiegato della pseudo cultura… un negoziante, un orologiaio, un barista, chiunque tranne che da un letterato.
In distici o in tristici o in quadristici il tuo è un discorso sulla tristizia del linguaggio de-politicizzato che usiamo tutti i giorni. Il fatto è che quel linguaggio si è decomposto già da tempo, la decostruzione è già avvenuta e avviene continuamente tutti i giorni e tutti i momenti ad opera delle emittenti dei media che emettono vomito profumato in miliardi di esemplari. Ma, gratta gratta resta vomito. E tu, da poeta sub-atomico, lo metti in evidenza, non fai nulla per nascondere, dissimulare o vestire il vomito.
Anche in queste cose
ogni discorso diventa un percorso.
Bisognerà chiedersi se la museruola lasciata al bulldog
rientri nel silenzio dell’Essere
Andiamo tutti quanti in giro con una museruola, solo che non ce ne accorgiamo, diciamo frasi fatte, frasi obbrobriose. Tutto ciò «nel silenzio dell’essere». Non è drammatico se non fosse comico? Drammatico e demiurgico e demoscopico con un algoritmo che decide del nostro linguaggio profumato all’aloe. È che «l’essere è svanito nel valore di scambio», ha scritto Heidegger. Davvero, una frase così potrebbe sottoscriverla un filosofo marxista e verrebbe tacciato di estremismo infantile. E invece l’ha scritta Heidegger.
caro Giorgio, a dir la verità aspettavo un tuo contatto sulla poesia postata su Altervista. Hai ragione quando dici che il più delle volte scrivo per gli “addetti al lavoro” e per coloro che hanno in dote il concetto di interpretazione di una poesia. Devo molto alla mia sensibilità e al bagaglio di letture che non si sono mai avvitate nel Novecento italiano, desiderando conoscere altri poeti stranieri,soffermandomi nel Silenzio dell’Essere che ogni volta torna nella mente, riconducendomi alla problematica del Nulla. Ho apprezzato anche ciò che ha scritto Lucio, sempre così sensibile alle risposte degli amici poeti. Riconosco che questo mio testo è qualcosa su cui discutere. Ma ho già scritto molto e a volte non so come chiudere la porta alla poesia. Grazie a tutti voi che avete espresso un parere. Un abbraccio. Mario.
Mi scuote e mi piace la tua poesia-altervista, Caro Gabriele.
Helene Paraskeva
Ringraziandoti vivamente del tuo gentile pensiero, ti invio auguri di buona poesia.Mario Gabriele.