Fuori il buio. La luce che torna. Che abbaglia.
Qualcosa rimane. Sabbia nella sabbia.
Ricordi su display.
Trauma per un vestito in disuso. .
Fuori e ovunque il buio. La luce che torna.
Oh Shery, ricordi Parigi?
Et c’est la Nuit, Madame, la Nuit!
Je le jure, sans ironie! :
Una tavolozza con l’arcobaleno.
La piastra sul fuoco. Go, go!
Fast Food e Hamburger
ai tavolini della Conad.
Aria grigia, pesante. Smoke in the eyes.
Ma dove è finito Chagall? *
Un passo all’indietro. Reperti fossili.
Fonemi e poliscritture.
Sogno di una notte di mezza estate
con Sara Kestelman e David Waller.
Le calze di Nancy sul sofà.
La vita: una garrota!
Piccole voci a chiusura del coro.
Uno zufolo nel bosco.
Ketty Borromeo con gli occhi di lince.
Gli anni nel libro del vento.
Scatti di Nikon ad Auschwitz
e sulle scarpe di Ninì il Rosso.
Stilmann che dice?
Aspetta il Washington Post.
Candelabri su Hebron,
come i ceri di una volta a Detroit.
Shalom!
Continua la rassegna dei gusci vuoti di cui è fatta la nostra esistenza. Ma tu sai che questa è quotidianità, bastevole quotidianità, solo ingentilita da fuggevoli pensieri, rimandi, sensazioni, buone letture e conoscenza. Il minimo della vita è anche il massimo: chi se ne rende conto non può dirsi pessimista. Anzi, è questo il nichilismo positivo di cui si sa ancora troppo poco. Grande Mario M. Gabriele, sei un maestro per tutti noi.
tu scrivi, caro Mario, «fonemi, reperti fossili e poliscritture», ed hai già dato la chiave per l’ermeneutica del tuo pezzo jazz. La tua è poesia pop-corn, pop-jazz, pop-corn, pop-poesia, poesia da tavolino da bar, nuovissima, da gustare con un Campari soda e una quisquilia del TG in mezzo ai rumori di fondo: intermezzi, nanalismi, banalismi, truismi, incipit, explicit, inserti pubblicitari. Sei il Warhol della pop-poesia italiana. Il che non è poco. La pop-poesia che si gusta con le patatine fritte del Mc Donald’s