INEDITO DI MARIO M. GABRIELE tratto da “REMAINDERS”

 

Perché dare il titolo in inglese a questo volume,rispetto a quelli precedenti trascritti in italiano? La risposta sta nel fatto di aver lasciato in lista di attesa una scrittura poetica fatta di moduli  tematici derivanti dall’azione del passato e del presente, con una visione anche filosofica ed heideggeriana del non essere, a cui si aggiunge il male di vivere, assimilabili con la realtà esterna tra citazioni di poeti vivi e poeti morti, effetto di superficie e mondo interno ed esterno, nella frammentazione del distico che spazia in ogni latitudine, lasciando decantare il tutto in una specie di deposito o archivio, fino a quando non ho ritenuto di dover riesaminare i testi poetici per constatarne la loro validità. Sul termine Remainders ho consultato il Dizionario Fondamentale Inglese-Italiano- Italiano-Inglese di A Borrelli, E.Chinol e T. Frank, dell’Istituto Geografico De Agostini -1987, dove a pag. 424 ne chiarisce il significato come ”resto, rimanente, rimanenza, residuo e nel genere al ‘plurale” fondi di magazzino, (di libri invenduti)”. Qui viene recuperata la realtà risemantizzata con un nuovo linguaggio lasciato in “quieto riposo” o in “freezer”, fino a quando ne ho consentito la revisione e la pubblicazione, dopo attenta rilettura delle poesie.

Il Novecento italiano è stato, nella maggior parte dei casi, portabandiera di un dire poetico, in continua stagnazione, con l’eccezione del Gruppo 63, che ha equidistanziato la poesia dei vari Sinisgalli, Rebora, Onofri, Saba, Gatto, ecc., immettendo un mix di avanzamento culturale e plurilinguistico, che poi i vari Ottonieri,  Baino,  Ramous, Viviani ecc. hanno declassato in una regressione schizofrenica della parola, subito dopo  rastrellata e mitigata da Cucchi, De Angelis, Lamarque, Ruffilli ed altri, che si sono spinti fino all’afasia e alla colliquazione dei versi. Ciò ha portato ad una restaurazione della poesia tradizionale e acrilica di certi poeti nostalgici di fine secolo, o più semplicemente legati ai musei lessicali di continuo replay. In verticale c’è la poesia vista sempre come un aloe arborescente, in basso invece c’è il frammento o più in specifico la miniaturizzazione dell’Ente parola, che vuole essere l’engramma  neuronico nell’orrore del nostro Tempo.

Molti collegano la nascita del frammento ai poeti parodici e della Grecia antica, o addirittura agli Haiku. Ma quello di cui stiamo parlando, pur nella brevità espositiva, non finisce in uno scatto fotonico, ma l’amplifica ricucendo il discorso poetico dagli strappi prodotti. Su un altro piano si collocano i polittici, che hanno la loro validità in quanto sono sintesi di un’onda corticale che diventa accrescimento formale anche originale, secondo chi li propone, ma mai un aborto linguistico in quanto la voracità delle spezzettature coinvolge l’assolutezza del dire in un unico armonium.

*********

Sorprendono gli intenti esecutivi della coloristica di Marie Laure Colasson e gli incisi narrativi di Mario Gabriele, la maestria comune ad entrambi nel modo dei tocchi, degli affondi, degli incisi, del fraseggio, delle citazioni, nel recupero fulmineo di tracce di memoria e di tracce di rovine, di avatar, di esperienze stracotte. D’istinto, c’è il seguire i punti culminanti o luminosi d’un oggetto; vengono esasperate le relazioni, in modo da imporre all’attenzione dello spettatore il reticolo accidentale o, semplicemente, evenemenziale della datità. Le sensazioni dello spettatore vengono così dinamizzate in un difficile gioco tra la volontà di vedere tutto e magari anche la rimembranza e la negligenza di non vedere null’altro che inezie, aspetti secondari, modellizzazioni esornative. Vengono ad evidenza l’arabesco del contorno e l’intreccio dell’incontro con il superfluo, tra rapide indicazioni, masse cromatiche, stadi accennati, intensità di luci e di ombre, schermi ottici e leggi morfologiche che convivono beatamente, in bilico tra un’ottica coloristica e un’esigenza tattile e mnemonica.

Momenti percettivi dissonanti si continuano e si accostano delineando i contorni di un immaginario già cinematografico. Un racconto visivo con una trama fatta di orme invisibili, di legami celati, di ripostigli oscuri, segmenti letterari, citazioni simili a inquadrature, che ritraggono volti, occasioni, scenari, situazioni, flâneries per disegnare un ordito libero, eppure segretamente organizzato, che sembra replicare le disarticolazioni del nostro modo di vita, tra percorsi, reti, rinvii, in-direzioni, parti che collegano e s-collegano altre parti. Flussi che si intersecano, trasformano il testo in una sequenza che contiene altre sequenze, citazioni che contengono altre citazioni in un gioco di rimandi e di rinvii caleidoscopico. Scrittura narrativa caratterizzata da sorprendenti interruzioni – impressioni quotidiane colte con agili tecniche della ripresa continua e interrotta –, che potrebbero essere interpretati anche come volontarie citazioni del linguaggio filmico.

L’occhio sensibile ai dettagli, alle casualità, a ciò che abitualmente si trascura nella quotidianità, il desiderio di toccare la realtà mentre si fa e si disfa dinanzi a noi, il culto per ciò che è stato dimenticato, smarrito, rimosso. Una visione dialettica della immobilità. Questo è propriamente una scrittura top pop oggi.

(Da l’Ombra delle parole, 15 luglio 2020)

*********

Una Jeep  Renegade ferma davanti alle VideoNews.
Signorina Borromeo, l’aspettiamo qui
dove  meglio si possono leggere i suoi pamphlets.

Non dicono molto
ma rappresentano episodi di prosa spontanea.

Esterno. Campo vietato. Bandiere a mezz’asta.
Resiste in classifica
L’Enigma della camera 622 di Joel Dicker.

Meg ha in mente un viaggio,
lasciando la speranza ai poveri  e i copecki ai ciechi.

Un Web-designer accende il PC
per correggere i fogli di Criminal Found.

Rivediamo i Mondi di Oz
anche se Turner lo fa di malavoglia.

Il cane bassotto
non trovò le tracce dell’assassino della piccola Maddie.

Tace la radio Deejay. Non c’è nessuno
che ascolti gli Scorpions.

Tornano in gioco Hamm e Clov
nella Febbre del Sabato Sera.

Volano i tweet. –Andrà tutto bene.
Ne sono sicuro- ,  disse il tutor su Instagram.

Si è fatto tardi. Silenzio blu notte
con flash mob lungo il colonnato.

Una farfalla muore sul poster di Guernica.
La guardo se mai dovesse volare via.

TM 22 è il numero del Call Center
per vedere Shining di Stanley Kubrick.

-Manca l’attitudine a produrre verità e trarre un film-
disse il critico all’autore della sceneggiatura.

Schermo piatto.Colore nero.
Diffusione di lampade Led in Galleria.

Miss Klary  stava dietro ad una storia
dopo i dati dei subplots.

Voce di fondo e inquadrature a fumetti
nelle mani  di un viaggiatore nel mondo.

Dolly voleva riprendere il cielo con uno Zoom
e ricavarne una Metafisica.

-Va bene, puoi provarci.
Saranno le nuvole a distrarti-,
disse  Seanbook, manager del Progetto Outline
affiliato alla Glenn Artur jr e Company di Filadelfia.

Ginsberg, in quarantena, chiedeva Howl.
Voleva mettere qualcosa di suo e della Corea
con uno shock  stellato di misericordia.

Precedente INEDITO DI MARIO M. GABRIELE Successivo INEDITO DI MARIO M. GABRIELE del 09/08/2020

2 commenti su “INEDITO DI MARIO M. GABRIELE tratto da “REMAINDERS”

  1. Per capire il mondo attuale non abbiamo più bisogno della poesia.
    L’arte che si fa oggi in Europa è simile al dolcificante che si mette nel veleno.
    I piccoli poeti pensano al dolcificante in dosi omeopatiche…
    È molto semplice: Dopo le Avanguardie non ci saranno più avanguardie, né retroguardie, le rivoluzioni artistiche e non, non si faranno né in marsina né in canottiera. Non si faranno affatto.
    La tua poesia, caro Mario, è l’epitaffio più sincero che oggi si possa scrivere per il cadavere della poiesis.

    • mariomgabriele il said:

      caro Giorgio,
      ieri ho consegnato all’Editore il PDF dell’Autoantologia di cui attendo le prime bozze per chiudere con la poesia una esperienza di decenni.
      E’ l’unica traccia che posso lasciare ai nostri cari e ai lettori come dice Derrida, se si voglia essere presenti rispetto al Nulla. Come vedi, non ho più davanti a me nessuna traccia di poesia da sviluppare. Tutto è stato catalogato con le ultime edizioni di Progetto Cultura che ospita anche i rimanenti linguaggi in REMAINDERS, dove si trovavano depositati testi poetici recuperati come da un fondo di magazzino. La poesia è finita, così come ogni forma d’Arte dopo il Covid 19. La NOE e la poesia pop hanno riempito un vuoto che durava da molto tempo. Hai fatto bene a pubblicare l’Antologia americana a cui credevi moltissimo, tenendo presenti gli alluvioni che si sarebbero abbattuti con questa crisi. Oggi leggiamo le cose più insignificanti che un poeta si permette di pubblicare ed estetizzare. Forse l’insistenza ad autopresentarsi nei Blog proviene da una psicologia infantile mai maturata con l’età. Quanto alla critica, leggevo proprio alcuni giorni fa una intervista a Giulio Ferroni, dove tra l’altro si sofferma su quella che è l’odierna solitudine del critico. Faccio certe cose e mi accorgo della inadeguatezza della mia azione, sento crescere appunto una forma di solitudine. Non ce la faccio a stare dietro al ritmo della velocità crescente e alla quantità di cose che sforna la comunicazione letteraria.- Credo di trovarti nella medesima situazione di Ferroni e di altri critici se a scrivere un epitaffio sulla poesia siano stati gli stessi poeti e la situazione sociale incapace di riconoscersi in quello che fa.E’ triste, ma è così. Un cordiale saluto, in attesa di inviarti una copia ricordo della mia Autoantologia, ti saluto cordialmente, ringraziandoti di tutto ciò che hai fatto per me. Mario

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.