INEDITO DA HORCRUX

L’Ostrabismo Cara
era quanto di più amasse Cesare Viviani,
tra plurisensi verbali del 63
in una stagione di fuoriusciti dai parcheggi ausiliari
sebbene facesse da guida una rondinella dal cielo
che non trovava un nido nel percorso
se non un pince-sans-rire di balbettio psicogeno.

Un giorno ce ne andremo
girando la manopola di un’altra radio.

Ti ritrovi, ai confini della realtà,
a immaginare l’androide
come il nuovo ceppo organico
con Cindi Mayweather.

Natale se n’è andato spegnendo le luminarie
e gli abeti senza primavere.

Altri sub-plots li racconteremo
da Gennaio a Carnevale.

Dog annusa le scarpine da jogging
con profumo di foglie himalayane.

Oggi resteremo con gli avanzi nella dispensa,
senza cablogrammi e storytelling. 

Krus ha concluso l’epistolario
con il titolo: Off Limits.

Due, tre, quattro mesi, forse anche un anno
per cambiare la sinapsi.

Se vai al super game controlla il fornello,
gli OROGEL nel frigo, se entra nelle stanze
il profumo del barbecue del Signor Elliott.

Sing Tao Thing ci ha mandato 10 haiku,
brevi come le nostre ore.

Seguiamo Molly con il suo vestito stagionale.
Non è molto, ma aiuta a superare i giorni della Memoria.

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3 commenti su “INEDITO DA HORCRUX

  1. Quando ricevo proposte di pubblicazione di poesie sulla rivista, lombradelleparole.woordpress.com – di solito propongo di inviare una riflessione su questa semplice Domanda:

    Quale poesia scrivere dopo la fine della metafisica?

    Rendo noto che finora Nessuno ha risposto alla domanda.
    Penso che questa poesia di Mario Gabriele possa essere annoverata tra le risposte più esaustive. Gabriele parte da Ostrabismo cara, libro di esordio di Cesare Viviani pubblicato da Feltrinelli nel 1973, e giunge ai giorni nostri, noi che viviamo nella democrazia più strampalata d’Europa, la più de-politicizzata. Cosa posso dire? Mi trovo in difficoltà perché non c’è un commento che si possa fare a questo tipo di poesia, poesia buffet, poetry kitchen, kitchen e basta, poesia ad orologeria, posia da post-strabismo, poesia daltonica… non saprei come definirla, poesia pop? poesia pop-corn?, poesia della linea giullaresca?, o post-giullare?, poesia ridanciana?, poesia della ipo-verità di massa? poesia della Società Signorile di massa?, poesia carnevalesca? Non saprei proprio, è questo il punto. Forse, azzardo, trattasi di poesia-flipper, ma no, forse mi sbaglio è la poesia di un nuovo Palazzeschi, quello de L’incendiario (1910), la poesia più rivoluzionaria del novecento che è passata sotto sordina e sottaceto ed è stata rubricata come poesia ironico-giocosa. Forse oggi l’unico modo di scrivere poesia è questo di Gabriele di mischiare i registri dei frantumi e dei frammenti in un pluriregistro stilistico e lessicale irto di frantumi

    • mariomgabriele il said:

      caro Giorgio,
      più di questo non posso fare! Mi ci metto di giorno, di notte, inserisco parole, le tolgo, rivedo il tutto per far passare il testo con decenza. Seguo le tue lezioni accademiche, mi confronto con gli altri poeti di diversa nazionalità, con altri che idealizzano una poesia povera di esperienze culturali, sociali, esistenziali, di ciò che accade intorno a noi ed è accaduto nella Storia. La poesia è un Ente che ha un’anima, non è una macchina fotografica o dei murales di Banksy. Solo se rivestiamo la poesia di tessuto epidermico non esfoliante è possibile ridarle dignità e apprezzamento. Credo che ci debba essere sempre un” punto di contatto” , come rileva Francesco Orlando, “tra linguaggio letterario e linguaggio dell’inconscio, in assenza dei quali si corre il rischio di limitare l’accesso alla critica e ad ogni studio estetico.

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